La situazione al Beccaria sta sfuggendo di mano. Ne parliamo con l'associazione Antigone



Sono evasi altri tre ragazzi dal carcere minorile Beccaria di Milano. Questa notizia non è nuova tra le pagine di cronaca milanese. Non è solo l’ennesima dimostrazione di un sistema ormai al collasso come quello dei carceri minorili in Italia ma fa parte di una serie di eventi che hanno colpito l’IPM che una volta vantava il primato di essere l’esempio per tutta Europa.

Il Beccaria è probabilmente il carcere minorile più importante d’Italia. Come accennato, molti anni fa era un esempio di una giustizia minorile funzionante ed efficiente, che dava la possibilità ai giovani di reintegrarsi nella società - come previsto persino dalla costituzione -.

Ad oggi, la situazione si è totalmente capovolta: evasioni, torture, arresti, proteste dei giovani carcerati, acquisti massicci di psicofarmaci, hanno portato questo carcere in una situazione mai così grave fino ad oggi.

Si sono verificati disordini e presunte “rivolte”, tra cui l'allontanamento di sette ragazzi nella notte di Natale 2022. Due ragazzi hanno dato fuoco a dei materassi esattamente un anno dopo, nel gennaio del 2023.  Tuttavia, ciò che ha fatto tremare di più le mura del carcere milanese, sono stati i 13 poliziotti della penitenziaria arrestati e gli 8 sospesi ad aprile di quest’anno per tortura e abusi sui detenuti. Inoltre, sono finite sotto indagine anche le due ex direttrici, Maria Vittoria Menenti e Cosima Buccoliero, le quali avrebbero taciuto di fronte alle vicende che colpirono il carcere nei mesi precedenti. Le intercettazione hanno confermato che il sistema di violenze era ben noto a tutti dentro il carcere.

Le immagini delle violenze nel Beccaria







In molte occasioni, i poliziotti della penitenziaria hanno denunciato le condizioni in cui devono operare, dove a causa della scarsità di personale adeguato, come educatori o infermieri, l’ambiente di lavoro risulta invivibile. Di fronte a queste vicende, la risposta delle istituzioni è stata un aiuto in termini di personale. Un gesto che sia per chi monitora da anni la situazione nelle carceri e sia per chi si trova a lavorarci è solo un cerotto sopra un ferita molto più grande e dalle radici molto profonde. Non a caso dopo l’evasione dei tre ragazzi e l’opinione pubblica puntata sul l’IPM, l’incarico di comandante è stato consegnato a Raffaele Cristofaro, dando forse l’impressione di un cambiamento di rotta. Il Beccaria, però, si trova in questa situazione anche per un totale abbandono da parte delle istituzioni e della politica e, secondo quanto scritto su un articolo sul sito della penitenziaria, il cambio del comandante è solo un modo per addossare la colpa a qualcun altro.


Constatato che il Beccaria stia vivendo una situazione grave, ho chiesto a Rachele Stroppa, ricercatrice presso l’associazione Antigone, di raccontarmi il perché di tale situazione.


“Nel Beccaria influiscono una serie di fattori che producono una situazione stratificata di difficoltà e malessere che ha reso il tutto ingestibile. Ha sicuramente influito l’aumento delle presenze negli istituti penitenziari minorili - un fenomeno abbastanza inedito -. Il sistema ha sempre retto molto bene fino a poco fa, tanto da essere un esempio in Europa. Negli ultimi due anni le presenze però sono cominciate a crescere e il decreto Caivano ha sancito questa tendenza di cambiamento all’interno dei processi di giustizia minorile. Da quando è entrato in vigore nel novembre 2023 (dove le presenze erano 54 al Beccaria) i detenuti sono arrivati a essere 81 nell’aprile 2024. Adesso sono in calo perché,  a causa di tutti gli eventi critici, molti ragazzi vengono trasferiti. Secondo i dati del garante (report di settembre 2024) adesso le presenze sono 55 a fronte di una capienza di 37 posti. Questo numero è così basso per la ristrutturazione dell’istituto che è in atto da 16 anni.”




Chi sono i ragazzi?

“Il fenomeno del disagio giovanile sta assumendo forme nuove. La maggior parte dei ragazzi in istituto hanno problemi di tossicodipendenza e stando in IPM anche abuso di psicofarmaci. Il 70% sono stranieri, il 50% del totale sono minori stranieri non accompagnati. Sono quel tipo di utenza che è in aumento perché il sistema di accoglienza non riesce a intercettare e coinvolgere. Sono destinati a una vita di marginalità e finiscono in IPM anche perché hanno molte meno possibilità di accedere a comunità. E’ un’utenza diversa e che pone difficoltà diverse. E’ molto più disperata dell’utenza italiana e molto spesso incarna una dose di rabbia, frustrazione e disperazione che non si è riusciti a comprendere nemmeno al Beccaria che ha sempre avuto la nomea di essere un istituto all’avanguardia.”


La polizia penitenziaria denuncia il fatto di non avere una sufficiente preparazione per le carceri minorili e che la colpa di questo sia prevalentemente del ministero. Cosa ne pensi?

“Molto spesso davanti a situazioni di crisi la prima cosa che tutti dicono è che serve formazione. La formazione agli agenti è stata fatta. Altro discorso è che i nuovi agenti sono molto giovani, molti provengono dal sud italia e non conoscono il contesto milanese con dinamiche da metropoli, con un tasso di povertà e marginalità più alto. Non è l’unica soluzione la formazione. E’ una questione di cultura professionale tra gli agenti e credo che manchi una vera e propria progettualità nel Beccaria e in generale. Purtroppo il Beccaria non è l’unico caso, forse mancano delle direttive da parte del dipartimento di giustizia minorile e non bisogna scaricare tutta la colpa sugli agenti.”


Quanto il ddl sicurezza influirà sulla situazione?

Molto negativamente. Una delle questioni per cui Antigone si sta battendo molto è sicuramente quella del “reato di rivolta penitenziaria”.

E’ punibile anche la condotta omissiva, cioè rifiutarsi di adempiere a un ordine di un operatore o un agente senza verificare tra l’altro se questo ordine fosse legittimo o meno.


C’è una grande differenza tra rivolta e protesta penitenziaria?

Adesso a livello di narrazione istituzionale casualmente si parla solo di rivolte e casualmente si introduce il reato di rivolta.

Tuttavia, la stragrande maggioranza che hanno caratterizzato il minorile sono eventi dove i ragazzi hanno usato una violenza materiale e non fisica. Non vuol dire che non siano episodi gravi. Ma le rivolte sono altre.


Questo disegno di legge aumenta il divario tra chi è detenuto e chi lavora nelle carceri?

Il divario in termini di potere aumenterà radicalmente. Viene promosso un approccio punitivo e neutralizzante dei problemi, tendenza che non è molto in linea con le leggi costituzionali in vigore in Italia. La rieducazione perde di significato e quello che si pretende di fare è avere un approccio punitivo che, attraverso anche l’uso della forza, possa garantire la gestione di alcune situazioni che andrebbero gestite con tutt’altro modo.


Quale strada dovrebbero seguire le istituzioni per risolvere questa situazione?

Serve una fase di decantazione al Beccaria. È un istituto che è stato sottoposto a un forte stress in cui il rapporto fiduciario è venuto totalmente a mancare. Bisogna tentare di ricostruire attivamente la relazione tra agenti e ragazzi. Il carcere è il luogo dove vanno a confluire tutte le tipologie le marginalità sociali e sta diventando una discarica sociale. Bisogna sperare che il carcere riesca a riabilitare le persone. Bisognerebbe agire sul fronte delle comunità di accoglienza, quindi garantire un accompagnamento più specifico per minori stranieri non accompagnati. Bisognerebbe investire più risorse per ragazzi che hanno problemi di tossicodipenza o con disagio psichico. Bisognerebbe rinunciare ad approcci punitivi in ambito penitenziario. Gli interventi devono essere molteplici, altrimenti il problema non si risolverà.


Arriverà un momento di estrema crisi?

Siamo già in un momento di estrema crisi. Non era mai successa una situazione di questo tipo. E’ assolutamente inedito quello che sta succedendo sia in termini di tensione all’interno degli istituti che in termini di un caso di presunte torture reiterate per un anno e mezzo su ragazzi minorenni da parte del 30% degli agenti di un istituto.



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